In un giorno qualunque, (contest fanfiction)

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,LadyStar
view post Posted on 8/3/2010, 18:06




Premessa dell'autore: questa è una fanfiction slash. Qualsiasi cosa citata, detta o avvenuta nel corso di questa storia è completamente falso e inventato.


1.

“Come se un giorno freddo in pieno inverno nudi non avessimo poi tanto freddo perché noi coperti sotto il mare a far l’amore in tutti i modi, in tutti i luoghi in tutti i laghi in tutto il mondo l’universo che ci si insegue ma ormai siamo irraggiungibili…”
La canzone va lenta e melodiosa, si insinua nella mia mente e rievoca i dolci ricordi di quei giorni pieni di gioia, passione, amore e dolore. Uno ad uno comincio a sfogliarli. Dopo tutto questo tempo lasciati a giacere in un angolo della mia mente a cercar di dimenticarli, vividi riaffiorano come un esplosione. La malinconia, dolce e melliflua, mi investe violenta e impetuosa.
Ricordo bene la sua figura. I ricci lunghi e morbidi, le labbra carnose e dalla forma perfetta, i lineamenti del viso dolci quasi da bambino, gli occhi color nocciola vivaci e profondi, ogni suo tatuaggio e piercing, ogni sua faccetta. Lui il Dio delle faccette, quelle stesse faccette che mi avevano fatto innamorare.
Tra i mille pensieri torna ad esserci solo lui, lui che non avrò più. Lui che non ho mai dimenticato.
Continuando ad ascoltare la sua canzone delle calde lacrime solcano il mio viso, bruciando di dolore.

***

Sfinito buttai la borsa del computer sul letto e lo seguii lanciandomi a peso morto. Non appena toccai il materasso morbido crollai in un sonno profondo. Erano stati dei giorni lunghi, intensi e stancanti. Cercare le canzoni, scriverle, registrarle, mixarle e in contemporanea interviste, servizi fotografici, ospitate. Non so neanche quante di sonno avevo perso, ma poco importava. Finalmente potevo dormire tranquillo. O meglio, un po’ più tranquillo: il palco dell’Ariston mi aspettava. Ero agitato e teso, anche se cercavo di non darlo a vedere. La canzone che alla fine avevo deciso di presentare era rischiosa, scelsi quella perché già ero entrato di diritto e potevo portare qualsiasi cosa avessi voluto. Avevo cercato qualcosa di diverso dalla solita canzone sanremese di ogni anno.
Quando mi addormentai, lo feci con la mia canzone nella testa.
“Sono un re matto cambio spesso regole non perdo mai. Nero e poi bianco, muovo luce e tenebre per vincere. Freddo nel fuoco, io non ho paura, giura non averne mai…”

La mattina mi svegliai con ancora indosso i vestiti che avevo utilizzato per il viaggio. Ancora mezzo rincretinito mi andai a gettare sotto lo spruzzo della doccia nel tentativo di rilassarmi. Avrei sperato che quella doccia durasse all’infinito, ma avevo un’intervista da li a poco.
Quando fui pronto, uscii dalla mia camera ed andai dritto nella hall. Fu lì, in quel preciso momento che lo vidi.

Edited by ,LadyStar - 8/3/2010, 18:12
 
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;LadyG.
view post Posted on 8/3/2010, 18:11




Memillo Memillo Memillo! *__*
Questa fic è già amore :lov::lov:
l'inzio è bellissimo anche se mi spaventa
Tu sei braverrima come sempre sis *________*
 
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,ababù
view post Posted on 8/3/2010, 18:12




Io ti udio!
 
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LadyL,,
view post Posted on 8/3/2010, 18:16




La genia colpisce ancora. *-*
 
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carmen.M.<3
view post Posted on 8/3/2010, 18:30




*O*
 
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,LadyB
view post Posted on 9/3/2010, 16:21




Bella La mia Maryussa...non sapevo ne avessi inziata un'altra...già l'inizio mi piace anche se prevedo abbastanza sofferenza....Ora sei gentilemnte pregata di continuare...tipo anche ora subito IMMEDIATAMENTE
 
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Millycam
view post Posted on 9/3/2010, 17:34




figata,mi piace assai x ora...;D
 
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LadyAnia
view post Posted on 9/3/2010, 17:41




It's love *_*
 
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,LadyStar
view post Posted on 9/3/2010, 19:28




2.

Rimasi completamente folgorato. Quei ricci fluenti che pareva dicessero “toccaci toccaci”, le labbra così perfette. Ero lì, imbambolato come un cretino senza sapere cosa fare. In quel momento l’unica cosa che riuscivo a fare era fissarlo e continuai fino a quando non si girò verso di me. Imbarazzato abbassai lo sguardo.
«Valerio… »
Disse semplicemente il suo nome. La sua voce era musica pura anche se non cantava. Avevo visto qualche sua esibizione, ma non attentamente. Averlo lì, davanti agli occhi era tutta un’altra cosa. Fu come una scarica ad alta tensione. I suoi occhi puntati sui miei, la mano tesa verso me per stringere la mia in segno di saluto.
«Marco. »
Gli diedi la mano e ricambiai la stretta di mano forte e decisa, la mano morbida e liscia come la seta. Era strano il modo in cui mi sentissi imbarazzato in quel momento. Strano come un ragazzo potesse mettermi in soggezione con il solo sguardo. Quello sguardo penetrante che andava dritto fino all’anima. Girai lo sguardo per paura che andasse troppo a fondo. Sgomento mi guardi attorno in cerca di qualcuno che mi dicesse dove andare per l’intervista di quel giorno, anche se avrei tanto voluto sapere che intervista avrei dovuto fare.
« Che interviste hai ora?»
Mi voltai di scatto verso di lui, quasi come se spaventato dal suo intervento. Come se leggesse i miei pensieri, come se avesse capito che in realtà non lo sapevo completamente.
« Veramente nun ne ho idea»
Scoppiò a ridere come se avessi detto una barzelletta che solo lui aveva capito. La sua risata! Che risata! Il cuore sussultò al vederlo ridere con tanto gusto, anche se mi sentivo un po’ preso in giro. Lo guardai stranito come per dire “questo è pazzo”, cercando di non dare a vedere ciò che mi saliva dentro, sperando che il martellare del mio cuore non si sentisse tanto forte da poterlo sentire pure lui.
« Scusa, ma mi fai ridere. Cioè, nel senso buono eh!»
E rideva, senza smettere un attimo, solo per pronunciare quelle due parole. Dopo qualche secondo cominciai anche io a ridere, era contagioso. Così senza motivo continuammo a ridere, fino a quando non ci calmammo ed asciugammo le lacrime che erano salite agli occhi dalle forti risate.
« Beh, comunque io devo aspettare che arrivi il mio manager per andare a fare l’intervista, quindi, mentre tu aspetti di sapere che interviste fare, possiamo farci due chiacchiere. Che ne dici?»
Un sorriso che pareva illuminare tutta la hall, o almeno a me dava quell’impressione, si allargò sul suo viso, mentre, ancora una volta, il mio cuore subiva un improvviso colpo. L’influenza che lui aveva su di me mi metteva paura, ma dall’altro mi mandava su di giri. Lo guardai e ghignando mi avviai verso un divano, buttando mici a peso morto.
« Ok! Allora… »
Si venne a sedere accanto a me e così cominciammo a parlare, senza sapere quanto tempo era trascorso, senza capire cosa succedeva attorno a noi.
 
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view post Posted on 9/3/2010, 19:57
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io buh...ti odio, sei un mostro...però ti amo anche ç_ç quanto so belli! li wubbo e ti wubbo e buh....sei bravissima.
Devo dire altro? Anche no! <3
 
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LadyL,,
view post Posted on 9/3/2010, 21:10




Awwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwww
*morta*
*resuscita*
Awwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwww
*morta*

Hai ucciso gli unici neuroni che mi erano rimasti, adesso sono tutta un wub senza senso. *O*
 
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,LadyB
view post Posted on 9/3/2010, 22:51




ciao Mary ciao...anzi addio *prepara il cappio* *sale sulla sedia*...anzi sai che ti dico aspetto qualche altro capitolo per farlo perchè devo sapere come va avanti. Ora con queste ficcy mi rovinate io lo so. Saranno drogaaaaaa....Accidenti!!!! Brava la mia piccola stra che sta crescendo, scrivi sempre meglio. Brava, brava *si commuove* *prende fazzoletto* *occhi pieni di lacrime*....come sempre, pacatamente e con molta calma ti chiedo una cosa: CONTINUA
 
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Miss Lullaby
view post Posted on 9/3/2010, 22:54




Mary è troppo avanti
Io faccio schifo

Continua
 
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;LadyG.
view post Posted on 10/3/2010, 15:09




SPOILER (click to view)
Quei ricci fluenti che pareva dicessero “toccaci toccaci”, le labbra così perfette

:sbav::sbav:

Comunque mi sono immaginata Lillo che scoppia a ridere in faccia a Marco bwahahah *rotolapersempre*
Lo farei anche io xD
Comunque questa fic è sempre più amore :lov::lov:
 
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,LadyStar
view post Posted on 10/3/2010, 18:23




3.

Parlammo e parlammo, fino a quando una persona non ci interruppe. Era l’uomo della reception che reclamava la nostra attenzione schiarendosi la gola.
« Scusate, mi hanno avvisato che le interviste previste per oggi sono state tutte annullate per motivi meteorologici.»
Guardammo dalla porta che dava sulla strada e davanti a noi si presentò una scena da diluvio universale. La pioggia che cadeva scrosciante, i fulmini che illuminavano ad intermittenza il cielo e i tuoni che li seguivano poco dopo.
Guardai l’orologio e vidi che erano passate tre ore da quando ero sceso in hall. Tre ore a parlare con lui. Tre ore a scherzare con lui. Tre ore condivise con lui.
Lo guardai con la coda dell’occhio, tentando di non farmi notare. Aveva un’espressione concentrata, guardava fuori, ma era uno sguardo perso nel vuoto. Stava pensando. Ma a cosa? Cosa poteva pensare in quel momento? Avevo voglia di saperlo, di scoprire ciò che gli passava per la testa, e se fossero stati problemi aiutarlo.
Come facevo? Come facevo a pensare queste cose di una persona conosciuta qualche ora prima? Come facevo a desiderare di sollevarlo da tutti i suoi problemi taciuti? Come facevo a desiderare che mi confidasse tutto? Come facevo a desiderare di conoscere ogni minimo pensiero che gli passasse per la testa? Come facevo a desiderare che quei suoi occhi si posassero suoi miei in continuazione? Come facevo a desiderare quelle labbra carnose? Come facevo a desiderare il suo copro?
Domande, domande, domande. Domande senza risposta, domande che sarebbero rimaste sospese per diverso tempo, o forse per sempre. Non avevo il coraggio di cercare una risposta. Forse non c’era o forse sì. Indagare sui miei sentimenti mi era sempre risultato difficile.
Mentre tutti questi pensieri si avvicendavano nella mia mente smisi di guardarlo. La sua immagine amplificava ancora di più quelle voglie e quei desideri che in quel momento imperversavano nel mio corpo.
« Visto che non devo aspettare più nessun’intervista me ne salgo in camera. Grazie per la chiacchierata.»
Così me ne andai, mi avviai verso l’ascensore senza attendere risposta. Se mi avesse detto “resta” sarei restato. Avevo bisogno di pensare a mente lucida, senza nessuno attorno a me. Dovevo schiarirmi le idee e capire perché tutte quelle emozioni nascevano in me proprio con lui in quel momento. Non mi era mai capitato di provare quelle sensazioni nei confronti di nessuno, né uomo né donna. Non riuscivo a capire, a comprendere perché proprio lui.
Entrai nell’ascensore e quando mi voltai per pigiare il tasto del piano mi accorsi che lui era lì, mi aveva seguito. Lo guardai negli occhi, con la mano ancora sospesa in aria vicino alla tastiera. I suoi occhi nei miei. La grande voglia di prenderlo e attirarlo a me.
Fissò i suoi occhi nei miei. Senza lasciarli andare premette lui per me il pulsante. L’ascensore si avviò. Solo il suo rumore colmava il nostro silenzio, gravido di tanti significati. In quel momento, guardandolo, capii che condivideva ciò che avevo provato fino a quel momento.
Con un forte rumore l’ascensore si bloccò e le luci si spensero, come se il destino si prendesse gioco di noi e ci invitasse ad appagare le nostre voglie, ad esprimere i nostri desideri legati tra di loro. I miei con i suoi. Coincidenti e necessari.
Fu un attimo e le nostre labbra si incontrarono, le nostre lingue a giocare tra di loro, colme di desiderio, avare. Le mani che correvano sul suo corpo, dalla schiena alle spalle, fino a fissarsi nei ricci a trattenergli la testa, a spingergli il volto sul mio. Giocherellando con il suo piercing alla lingua. Le sue mani sui miei fianchi correvano lungo la spina dorsale fino a fermarsi sul collo, carezzandolo.
Così come ce l’aveva donato, il destino ci tolse quel momento magico ed intriso di passione. L’ascensore ripartì all’improvviso con uno strattone che ci sballottò da una parete all’altra. Con poca volontà ci staccammo, cercando di ricomporci.
« Io, cioè…»
Le porte si aprirono e il corridoi del piano si presentò ai nostri occhi, senza lasciarci il tempo di poter parlare, delle persone salirono sull’ascensore.
Feci per uscire, ancora in tralice per la forza della passione che mi aveva posseduto fino a pochi istanti prima, ma una mano mi bloccò prima che le porte si chiudessero.
« Dammi il tuo cellulare»
Non capendo cosa volesse fare estrassi il cellulare dalla tasca e glielo porsi. Digitò velocemente qualche tasto e me lo restituì.
« Ciao…»
Risalì sull’ascensore e le porte si chiusero, privandomi crudelmente della sua immagine. Guardai immediatamente il display del cellulare e c’era un messaggio aperto con un numero di telefono seguito da una frase.
“ Chiamami. Non finisce mica qui!”
 
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